Separati ma non su Facebook: per la Cassazione è atto fraudolento per eludere il Fisco

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8259/2025 e in riferimento ad una vicenda relativa alla condanna di due coniugi per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, ai sensi dell’art. 11d. lgs. 74 del 10 marzo 2000 – per avere, tra l’altro, simulato una separazione personale nell’ambito di condotte decettive finalizzate a sottrarre beni all’attività di riscossione -, con riguardo alla nozione di “atti fraudolenti” ha ribadito come debbano ritenersi tali tutti quei comportamenti che, quand’anche formalmente leciti, siano tuttavia connotati da elementi di inganno o di artificio, dovendosi, quindi, ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione. Per “atto fraudolento” deve, in altre parole, intendersi qualsiasi atto, connotato da una componente di artificio, inganno o menzogna, che sia idoneo a rappresentare ai terzi una realtà (la riduzione del patrimonio del debitore) non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio – o comunque rendendo più difficoltosa – l’azione di recupero del bene in tal modo sottratto alle ragioni dell’Erario.