Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte di appello, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale, per quanto di interesse in questa sede, aveva confermato la dichiarazione di penale responsabilità di un uomo per il reato di cui al D.L. n. 4/2019, art. 7, comma 1, perché, al fine di ottenere indebitamente il beneficio del reddito di cittadinanza, aveva reso dichiarazioni false, indicando quale componente del proprio nucleo familiare, e coabitante, la moglie da cui era legalmente separato, la Corte di Cassazione penale, Sez. III, con la sentenza 8 febbraio 2023, n. 5440 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui non si era valutato che si era trattato di un falso innocuo – ha affermato il principio secondo cui, posto che il reato di cui all’art. 7, comma 1, D.L. n. 4/2019 è configurabile anche nei casi di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, o di omissione di informazioni dovute finalizzati a conseguire il beneficio economico del reddito di cittadinanza per un importo maggiore di quello altrimenti spettante, una falsità relativa ai dati rilevanti ai fini della determinazione della rata da erogare, quale quella incidente sulla composizione del nucleo familiare non può certo qualificarsi innocua.