Due minori, orfani a seguito di uccisione della madre da parte del padre, vengono dichiarati in stato di adottabilità dalla Corte d’Appello, la quale, tuttavia, in violazione dei principi di legge, che prevedono la cessazione dei rapporti dell’adottato con la famiglia di origine, dispone modalità per la conservazione di relazioni con i familiari che avevano mostrato affetto verso i minori e facevano parte della loro storia personale, anche in funzione dell’elaborazione del trauma subito. Avverso tale provvedimento propone reclamo il Procuratore Generale, contestando l’inserimento, nell’istituto dell’adozione piena, di elementi riconducibili ad altre forme di adozione. La Corte di Cassazione ritiene che la questione abbia indubbia valenza nomofilattica e accoglie la richiesta subordinata del PG di rimessione degli atti alla Corte costituzionale, dichiarando non manifestamente infondata la questione di legittimità dell’art. 27 comma 3 della L. n. 184/1983 nella parte in cui stabilisce che con l’adozione legittimante cessano irreversibilmente i rapporti dell’adottato con la famiglia di origine. In tal modo, la Corte rimettente prospetta la possibilità, per il giudice che disponga l’adozione, di valutare in concreto la corrispondenza del divieto all’interesse del minore (Cassazione civile, Sez. I, ordinanza 5 gennaio 2023, n. 230).