Pronunciandosi su un caso “russo” in cui si discuteva della legittimità della condanna, ancorché modesta (poco più di 280 euro), inflitta ad un manifestante pacifico, la Corte europea dei diritti dell’uomo, all’unanimità, ha ritenuto violato sia l’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) che l’art. 10 (diritto alla libertà di espressione) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il caso riguardava l’uso da parte delle autorità della tecnologia di riconoscimento facciale contro il ricorrente in seguito alla sua manifestazione personale nella metropolitana di Mosca. Era stato identificato e successivamente localizzato mediante una tecnologia di riconoscimento facciale dopo aver manifestato “vestito” con una figura di cartone a grandezza naturale il cui caso aveva attirato l’attenzione diffusa dei media, con in mano uno striscione che diceva: “Sto affrontando una sanzione fino a cinque anni… per proteste pacifiche”. La Corte EDU ha concluso che il trattamento dei dati personali del ricorrente nel contesto della sua manifestazione pacifica, che non aveva causato alcun pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza, era stato particolarmente invasivo. L’uso della tecnologia di riconoscimento facciale nel suo caso era stato incompatibile con gli ideali e i valori di una società democratica governata dallo Stato di diritto.