In caso di chiusura concordatizia del fallimento, posto che la liquidazione è essenzialmente (o almeno in parte) opera di un terzo (cioè soggetto diverso dal curatore) ovvero superata dai pagamenti o comunque dal trattamento riservato ai creditori proprio dal proponente il concordato, il regime descritto pone un tetto alla stessa discrezionalità liquidatoria, collocandola all’altezza di un calcolo ancora sull’attivo, ma riferito all’effettiva percezione di utilità conseguita dai creditori. Così ha stabilito la Cassazione civile con l’ordinanza n. 909/2022.