La Corte di cassazione, con la recente sentenza n. 27426/2024, ha ribadito che l’adempimento dell’obbligazione risarcitoria, o comunque l’attivarsi del condannato al fine di eliminare tutte le conseguenze di ordine civile derivanti dal reato, costituisce condizione imprescindibile per la concessione della riabilitazione anche quando sia mancata nel processo la costituzione di parte civile e non vi sia stata alcuna pronuncia in ordine alle obbligazioni civili conseguenti al reato. Solo quei comportamenti proattivi dimostrano l’emenda del condannato, la quale prescinde dalle richieste risarcitorie delle persone danneggiate ed impone al condannato l’onere di consultare ciascuna di esse per individuare un’eventuale offerta riparatoria, anche in via equitativa, funzionale all’adeguato ristoro degli interessi della collettività. Merita la riabilitazione, dunque, solo il condannato che, senza limitarsi ad esplorare la possibilità di ridurre la pretesa creditoria, si predispone a riconoscere e a risarcire integralmente tutti i danni cagionati dal reato e non solo quelli richiesti. Come chiosa la sentenza in commento «non è, infatti, consentito, che il condannato, il quale aspiri alla riabilitazione, si presenti al creditore danneggiato dal reato proponendo una transazione, ovvero una somma minore rispetto a quella dallo stesso creditore vantata: ciò equivale a non rispettare la previsione normativa dell’art. 179, sesto comma, n. 2, c.p. che richiede l’adempimento delle obbligazioni civili derivanti da reato».