Spetta al proprietario del fondo adottare tutte le cautele idonee ad evitare le immissioni dannose, anche qualora derivino da una attività lecita ed indipendente da chi siano provocate. Anche a prescindere dalla specifica disciplina dettata in tema di condominio, la definizione di animali “domestici” difetta di una precisazione normativa va inteso l’animale che ragionevolmente e per consuetudine è tenuto in appartamento per ragioni affettive. Si parla in generale di animali domestici, ma i principali imputati nei contenziosi sorti tra condomini o con proprietari di unità immobiliari limitrofe sono proprio i cani e le immissioni di rumore ed odori che da essi provengono, anche se detenuti in corpi di fabbrica, siano essi adibiti ad abitazione o ad un uso diverso, immediatamente adiacenti ad abitazioni. La libertà di detenere animali nel proprio immobile non fa comunque venir meno il diritto di ciascun occupante una abitazione di usare e di godere pacificamente del proprio bene, nel rispetto del pari diritto di uso e di godimento degli altri. I limiti normativi di rumorosità generali da osservare a salvaguardia del diritto alla salute delle persone direttamente esposte alle emissioni in questione, ben possono essere assunti quali obbiettivi parametri, ai fini del giudizio ex art. 844 c.c. di tollerabilità delle immissioni, valutazione che va compiuta all’attualità. É quanto stabilito dalla Cassazione con ordinanza 20 gennaio 2023 n. 1823.