È abusiva la clausola di un contratto di prestazione di servizi legali stipulato tra un avvocato e un consumatore che fissi il prezzo secondo il principio della tariffa oraria, senza contenere altre precisazioni, e più in particolare, senza che siano comunicate al consumatore, prima della conclusione del contratto, informazioni che gli consentano di prendere la sua decisione con prudenza e piena cognizione delle conseguenze economiche derivanti dalla conclusione di tale contratto. Lo si evince dalla sentenza D.V. del 12 gennaio 2023 (causa C-395/21), con la quale la Corte di giustizia Ue ha precisato che il giudice nazionale può ripristinare la situazione in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza di una clausola abusiva lasciando il professionista senza compenso per i servizi forniti. Nel caso lituano del sig. D.V., avvocato e cliente avevano fissato un compenso orario di 100 euro ogni 60 minuti ma, a causa di taluni “imprevisti”, la parcella è aumentata sino a sfiorare i 10mila euro che il cliente non aveva versato, inducendo così l’avvocato a rivolgersi al tribunale per il recupero di tali somme. La questione sollevata dalla Corte suprema della Lituania offre interessanti spunti di riflessione anche per gli avvocati italiani, laddove nel nostro Paese la modalità di calcolo orario della parcella, già prevista ma non quantificata dalla Legge 247/2012 sull’ordinamento forense e diffusa nel mondo anglosassone, è stata introdotta dal D.M. Giustizia n. 147/2022 (“Parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense”).