Le criptovalute nel sistema tributario: prime riflessioni sull’esperienza italiana

Di seguito l’articolo della dott.ssa Boletto, pubblicato su Diritto e Pratica Tributaria, n. 5/2021, Cedam, Padova.
La criptovaluta tipo bitcoin pone numerosi problemi sotto il profilo del suo inquadramento giuridico (e, di conseguenza, tributario), in quanto si tratta di una fattispecie che presenta natura e funzioni ibride. Al fine di poter individuare il trattamento tributario più appropriato sembra opportuno muovere dal loro scopo di impiego: ecco che, considerata la loro elevata volatilità, lo scambio di criptovalute non può avere funzione (solo) solutoria, ma anche speculativa. La criptovaluta, quindi, non è denaro in senso tecnico, bensì un’entità polifunzionale e a-territoriale, protesa ad ingenerare un’aspettativa di profitto (e un correlato, altrettanto intrinseco e obiettivo, rischio di perdita). Benché in Italia l’ADE, in sede di interpello, le abbia equiparate a valute estere, le caratteristiche intrinseche delle criptovalute rendono impossibile un rigido inquadramento in categorie giuridiche già esistenti e suggerisce, viceversa, di analizzare caso per caso il trattamento fiscale più appropriato e coerente con il loro utilizzo e detenzione. Occorre, infine, riflettere sulla necessità che ogni Paese appronti politiche di lotta all’evasione adeguate al mondo digitale, plasmando le norme sull’accertamento in ragione delle caratteristiche dei beni virtuali.